Il “Pallido Punto Blu” compie trent’anni: l’immagine più umana dell’era spaziale
Era il 14 febbraio del 1990, trent’anni fa, quando il Voyager 1 della Nasa, dalla distanza di 6 miliardi di km, riprese “Pale Blue Dot“, il “Pallido Punto Blu“, ovvero la Terra, una delle immagini più celebri e significative dell’era spaziale, ormai un’icona della nostra avventura nel cosmo. Frutto dell’intuizione di uno dei più grandi scienziati e divulgatori della storia contemporanea, Carl Sagan, essa appare più attuale che mai.
La sonda, lanciata nel 1977, aveva esplorato da vicino i colossi gassosi Giove (1979) e Saturno (1980), prima di affondare negli abissi dello spazio. Curiosamente, proprio allora iniziava la parte forse più importante della sua missione: basta ricordare che il Voyager 1 è ad oggi il manufatto arrivato più lontano dalla Terra che si mai stato costruito. Mentre scrivo, esso si trova a circa 22.5 miliardi di km da noi. Si stima che sarà operativo fino al 2025.
Gli esiti di quella missione sono ormai leggendari, eppure tra tutti mi sento di evidenziare un momento senza eguali, così ricco di significati unici e profondi e che difficilmente potrà essere eguagliato. Significati prevalentemente umani, universali, dunque preziosissimi.
Il 14 febbraio 1990, il Voyager 1 riprendeva con la sua camera il pianeta Terra, che si trovava ormai a oltre sei miliardi di chilometri. La Nasa aveva infatti accolto l’idea dello straordinario Carl Sagan (1934-1996), immenso scienziato e divulgatore, cui molti della mia generazione (me per primo) debbono tanto del loro amore per la scienza del cielo. Carl sapeva bene che da un punto di vista scientifico si sarebbe trattato di un’immagine non proprio rilevante (l’immensa distanza tra la sonda e la Terra riduceva quest’ultima a meno di un pixel), mentre il suo valore culturale e umano sarebbe stato incommensurabile, rappresentandoci nello spazio come mai prima di allora.
Ottenute le immagini, esse sono rimaste registrate sui nastri a bordo della sonda, in attesa di essere trasmesse verso Terra, non appena il traffico dati dallo spazio, dominato ai tempi dalle sonde Magellan e Galileo, avesse concesso un varco. Tra marzo e maggio del 1990, Voyager 1 trasmise 60 riprese della sequenza programmata, in tre di esse era riconoscibile la Terra, immersa in un riflesso del Sole e ridotta ad un semplice pixel: ricombinando quest’ultime, si è ottenuta la storica fotografia.
Tale immagine sarebbe diventata leggenda con il nome di Pale Blue Dot (“Pallido punto blu“), che dobbiamo proprio a Carl Sagan: un nome potente, evocativo, attorno al quale Carl costruisce alcune tra le più significative considerazione e riflessioni che si siano mai ispirate allo spazio cosmico.
Carl Sagan aveva già consegnato alla storia, tra le altre cose, la straordinaria serie “Cosmo” (che quest’anno compie 40 anni), un incredibile viaggio televisivo nello spazio, con musiche straordinarie, che la Rai propose negli anni ’80 del secolo scorso nell’ambito della trasmissione Quark di Piero Angela. Dalla serie, Sagan derivò un libro, “Cosmos”, che vinse il premio Pulizer. Che poi, sempre Sagan guidava la Commissione che selezionò i contenuti del “Voyager Golden Record“, il disco d’oro che viaggia con le due sonde Voyager e che propone alcune testimonianze sul nostro conto, qualora esse venissero un giorno intercettate da altre forme di vita intelligenti.
Personalmente, debbo moltissimo a “Cosmo”: in quegli anni ero ormai da tempo irrimediabilmente contagiato dalla passione per il cielo stellato e il viaggio che Sagan proponeva, rilanciato magistralmente da Piero Angela, era preziosissimo per me, oltre che ineguagliabile come chiarezza, qualità e bellezza.
Per chiudere, propongo il testo in cui Carl Sagan commenta la storica immagine “Pale Blue Dot”, sia in italiano che in lingua originale.
Ho sempre pensato che la lettura di queste parole dovrebbe essere obbligatoria da parte di chiunque abbia un ruolo di responsabilità nella nostra società: esse sono così alte, così importanti, così profonde ed umane da lasciare una traccia, un’eco indelebili, capaci di imprimere consapevolezza e responsabilità ai nostri gesti, alle nostre decisioni, alle nostre azioni.
Buon trentesimo compleanno, Pale Blue Dot! Grazie Carl, grazie davvero.
– Il “Pallido Punto Blu” – Carl Sagan
“Da questo remoto punto di osservazione, la Terra potrebbe non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Considerate ancora quel punto. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni “superstar”, ogni “comandante supremo”, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.
Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell’Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l’unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c’è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora.
Che ci piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto“.
– The “Pale Blue Dot” – Carl Sagan
“From this distant vantage point, the Earth might not seem of any particular interest. But for us, it’s different. Consider again that dot. That’s here. That’s home. That’s us. On it everyone you love, everyone you know, everyone you ever heard of, every human being who ever was, lived out their lives. The aggregate of our joy and suffering, thousands of confident religions, ideologies, and economic doctrines, every hunter and forager, every hero and coward, every creator and destroyer of civilization, every king and peasant, every young couple in love, every mother and father, hopeful child, inventor and explorer, every teacher of morals, every corrupt politician, every “superstar,” every “supreme leader,” every saint and sinner in the history of our species lived there–on a mote of dust suspended in a sunbeam.
The Earth is a very small stage in a vast cosmic arena. Think of the rivers of blood spilled by all those generals and emperors so that, in glory and triumph, they could become the momentary masters of a fraction of a dot. Think of the endless cruelties visited by the inhabitants of one corner of this pixel on the scarcely distinguishable inhabitants of some other corner, how frequent their misunderstandings, how eager they are to kill one another, how fervent their hatreds.
Our posturings, our imagined self-importance, the delusion that we have some privileged position in the Universe, are challenged by this point of pale light. Our planet is a lonely speck in the great enveloping cosmic dark. In our obscurity, in all this vastness, there is no hint that help will come from elsewhere to save us from ourselves.
The Earth is the only world known so far to harbor life. There is nowhere else, at least in the near future, to which our species could migrate. Visit, yes. Settle, not yet. Like it or not, for the moment the Earth is where we make our stand.
It has been said that astronomy is a humbling and character-building experience. There is perhaps no better demonstration of the folly of human conceits than this distant image of our tiny world. To me, it underscores our responsibility to deal more kindly with one another, and to preserve and cherish the pale blue dot, the only home we’ve ever known“.
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