Un indimenticabile viaggio al largo dei bastioni di Orione.
Per inaugurare il nuovo anno nel migliore dei modi, ovvero nel nome della bellezza universale, vi proponiamo un viaggio che svelerà per passi, un po’ alla volta, uno degli angoli più preziosi ed eleganti tra i pelaghi del cielo. Si tratta della costellazione di Orione, il signore del firmamento invernale, a ragione una delle più amate.
Lo spunto viene da uno straordinario progetto astrofotografico ancora una volta frutto della preziosa collaborazione tra il Virtual Telescope Project, che ha curato l’acquisizione dei dati, e DeepLab, che ha curato la loro elaborazione.
L’intera costellazione è stata ripresa attraverso l’astrografo a grande campo e luminosità installato presso la postazione del Virtual Telescope Project a Manciano, sotto il cielo più buio dell’Italia peninsulare. Un mosaico di ben sei tessere, cui corrisponde un’incredibile immagine finale di circa 300 megapixel.
Quella di oggi è la prima tappa, introduttiva: ne seguiranno altre, centrate sui numerosi dettagli e gioielli che l’immagine originale propone, per ammirarli senza compromessi.
È il nostro modo per augurarvi un meraviglioso ed emozionante 2024.
Con l’ulteriore auspicio che possiate intanto perdervi in questo inimitabile giardino cosmico.
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Nelle lunghe e gelide notti invernali dell’emisfero boreale, il paesaggio del cielo è dominato dalla costellazione più bella ed elegante di tutto il firmamento: Orione, il leggendario cacciatore.
“Ma, neppur giunto
A mezzo il corso è della Notte il carro,
Che surto il vigil Palinuro esplora
Del firmamento tutto gli astri taciti
Aggirantisi; e tutti indaga e spia,
Coi tesi orecchi, i venti. Poich’ei vede
Quete l’aure, e pacati in cielo starsi
Ambo i Trioni, e l’Jadi pluvie, e Arturo,
E sfolgorar seren d’Orion l’auro,
Da poppa intuona ei di salpare il cenno.
(Virgilio, Eneide, trad. V. Alfieri, 1804)
Le sue stelle, di impareggiabile fulgore, tracciano una forma inconfondibile: quattro astri, agli angoli di un grande rettangolo verticale, ne incorniciano tre disposti obliquamente, che disegnano uno degli asterismi più celebri della volta celeste, la Cintura di Orione. Una testa, una spada, uno scudo e una clava ne completano la slanciata figura antropomorfa, adornandola come nessun’altra costellazione.
Trovandosi a cavallo dell’equatore celeste, Orione è visibile da quasi tutto il globo terracqueo, il che ne ha favorito considerazione e riverenza da parte di tutti i popoli della terra e di ogni tempo, assieme alla sua oggettiva bellezza. È impossibile citare, anche solo sommariamente, i riferimenti a questa figura così come appaiono in tutte le culture del mondo.
Sovente, si riferisce che la sua origine risalga ai Sumeri, che vi scorgevano il loro eroe Gilgamesh; in lingua accadica, la costellazione era chiamata URU AN-NA (“Luce del Cielo”), da cui evidentemente il nome a noi oggi noto. Per gli egizi, là riposava l’anima di Osiride la cui sposa, Iside, è simboleggiata alla splendente Sirio, incastonata nel Cane Maggiore, a sud-est del leggendario cacciatore.
Nel mondo greco-romano, quelle stelle si riferivano al mito di Orione, figlio di Posidone e di Euriale, figlia di Minosse. Egli è il protagonista di un complesso intreccio narrativo e simbolico, che culmina con la morte dell’eroe, anch’essa ricca di varianti, che spesso coinvolgono la notevole costellazione zodiacale dello Scorpione, la cui puntura fu fatale al figlio del dio dalla chioma turchina.
A tale statura culturale si affiancano, del tutto paragonabili in altezza, la bellezza della costellazione e della piega di cielo che la accoglie, attraversata dalla Via Lattea. Come già per il mito, è del tutto impossibile celebrarne la cifra estetica in poco spazio. Basta scrutare le gemme più lucenti di Orione per restarne incantati dal nitore, dal colore, spesso azzurrato, e dal fascino del nome.
La stella tradizionalmente considerata più brillante è Betelgeuse, non a caso Alfa Orionis nella nomenclatura di Bayer. Il suo nome deriva dall’arabo “l’ascella di Colui che sta al Centro”. L’astro, collocato nell’angolo in alto a sinistra del quadrilatero della costellazione, rappresenta la spalla destra dell’eroe, con il braccio che solleva la clava, ed è celebre per la sua colorazione rossastra, così evidente ad occhio nudo.
Ad una distanza stimata di circa 550 anni luce dalla Terra, Betelgeuse è una gigante rossa: il suo diametro, quasi 800 volte quello del Sole, ne fa una delle stelle più grandi conosciute, prossima alla fine dei sui giorni, che si concluderanno con l’esplosione di una supernova.
Lo splendore di Alfa Orionis è sensibilmente variabile, talvolta con escursioni importanti, tanto che spesso esso è scavalcato da quello di Rigel, una supergigante blu che rappresenta “la gamba sinistra di Colui che è Centrale”, indicata con la lettera beta dell’alfabeto greco. Collocata a circa 850 anni luce, Rigel è una delle stelle più luminose in assoluto nella regione galattica del Sole e spicca per la sua colorazione azzurrata, così diversa da quella di Betelgeuse. I due astri, in posizioni opposte rispetto alla Cintura, quasi esaltano a vicenda le proprie meravigliose e contrastanti tonalità: un rubino e un diamante.
L’altra spalla, la sinistra, del Cacciatore è Bellatrix, la stella amazzone, conosciuta anche come Gamma Orionis, talvolta associata al ruggito di un leone, epiteto riferito a Rigel, che sorge successivamente all’astro guerriero.. È una gigante blu, il cui colore si svela senza difficoltà ad occhio nudo.
La figura principale dell’eroe si completa con il piede destro Saiph, in basso a sinistra nel cielo e, soprattutto, con la celebre Cintura, composta – da sinistra a destra – dalle stelle Alnitak, Alnilam e Mintaka. Quest’ultimo asterismo, assai considerato nelle tradizioni popolari, è noto anche con molti altri nomi: i Magi, i Tre Bastoni e i Tre Re sono solo i più diffusi.
Basterebbero lo splendore di quegli astri, i loro colori e i loro nomi preziosi per comprendere il fascino millenario della costellazione. Il quale, a dire il vero, si è ulteriormente arricchito nell’era del telescopio, visto che lo strumento ha rivelato, tra quelle gemme di prima grandezza, altri tesori e meraviglie più sfuggenti, ma di identica, magnetica bellezza.
Tra tutte, la straordinaria Grande Nebulosa di Orione, una vasta nube di idrogeno che appare in direzione della Spada dell’eroe, di fatto un’ampia regione di formazione stellare, a circa 1500 anni luce dalla Terra. Nota dai tempi più remoti, essa venne osservata agli inizi del XVII Secolo da Galileo Galilei attraverso il suo perspicillum; tuttavia, il grande pisano non ne annotò la natura diffusa, non stellare, pure così evidente già ad occhio nudo.
La nebulosa, nota anche come Messier 42 è però solo la vetta di un mondo sommerso. Tutta la regione che ospita la costellazione è ricca di merletti gassosi colorati, che spiccano per le tonalità arrossate, la firma dell’emissione dell’idrogeno, assieme a banchi di polveri interstellari che riflettono la luce delle stelle adiacenti o che addirittura nascondono quelle alle loro spalle, generando degli straordinari contrasti oscuri, quasi tridimensionali
È doveroso citare la più celebre nebulosa oscura del cielo, ovvero la “Testa di Cavallo”, che pare magicamente penzolare dalla stella Alnitak della cintura, che quasi l’abbaglia, caratterizzata proprio da una inimitabile silhouette le cui sembianze evocano quelle di un destriero. Tale “miraggio” prospettico è dovuto ad una nube opaca che si staglia dinanzi ad una nebulosa rossastra.
Questo è solo il primo passo di un’avventura che si annuncia emozionante, ricca di contrasti, di colori, di luci ed ombre affascinanti.
Un viaggio possibile, oltre che per il lavoro appassionato di chi si è impegnato in questa complessa ripresa, grazie alla qualità del cielo della Maremma grossetana, località Montauto, nel comune di Manciano (GR), il più stellato della penisola.
Buona visione, alla prossima tappa.
Gianluca Masi, Virtual Telescope Project
Il team di DeepLab
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