Il Virtual Telescope Project si spinge oltre il visibile: osservazione record ai confini del Cosmo.

Mai prima d’ora al mondo un telescopio di meno di 180 centimetri di diametro aveva scrutato così lontano nello spazio e nel tempo: lo sguardo sull’Universo più profondo di sempre mai ottenuto dal territorio italiano.

Il quasar PSO J006.1240+39.2219 ripreso tramite il Virtual Telescope Project a ottobre 2024.

Il quasar PSO J006.1240+39.2219 ripreso tramite il Virtual Telescope Project a ottobre 2024.

Media kit disponibile qui.

I record sono fatti per essere battuti. Un’affermazione quanto mai pertinente alla luce della nuova, straordinaria osservazione da primato oggi resa nota dal Virtual Telescope Project.

Lo scorso aprile il team del progetto, ideato e diretto dall’astrofisico Gianluca Masi, aveva diffuso un risultato straordinario: l’osservazione del quasar SDSS J114816.64+525150.3, il più lontano rilevabile alle lunghezze d’onda della radiazione visibile.

Un traguardo, quello di aprile, da guinness: mai un telescopio da 350mm di diametro si era spinto così lontano.

Ebbene, in queste settimane è stata compiuta un’impresa ancor più memorabile, una vera e propria “missione impossibile”. Il protagonista di questo eccezionale risultato è il quasar PSO J006.1240+39.2219. Esso, scoperto nel 2017, è caratterizzato da un redshift z=6.62, superiore di 0.2 punti rispetto al record di aprile scorso, dunque ancora più distante.

Una differenza che da questo mero, asettico paragone numerico potrebbe apparire modesta, ma che invece rappresenta un gigantesco aumento di difficoltà osservativa.

“A causa dell’espansione dell’universo, la radiazione elettromagnetica sperimenta il cosiddetto redshfit, un effetto cosmologico che determina uno spostamento verso il rosso della lunghezza d’onda osservata, tanto più marcato quanto più la sorgente è lontana”, commenta Gianluca Masi. “Al redshift z=6.62 di PSO J006.1240+39.2219 l’emissione Lyman alpha che ne permette la registrazione al telescopio è spostata fuori dallo spettro visibile, oltre il rosso”, aggiunge l’astrofisico.

Pertanto l’osservazione di simili oggetti estremi presenta ben due difficoltà a cascata: si tratta di sorgenti eccezionalmente deboli, stante l’immensa distanza da noi, e non si rivelano nel visibile, bensì nell’infrarosso.

Questa doppia criticità rende PSO J006.1240+39.2219 assai più ostico da riprendere attraverso gli strumenti del Virtual Telescope Project del già difficilissimo SDSS J114816.64+525150.3.

Nonostante tali estreme condizioni, si è deciso di tentare l’impossibile: nel mese di ottobre 2024 il telescopio da 350 mm di apertura ha acquisito 133 immagini della regione del cielo ove si trova l’oggetto, ciascuna con tempo di integrazione di 5 minuti, raccogliendo segnale per 11 ore complessive, il 65% in più del tempo di integrazione del caso precedente.

Lo strumento impiegato per l’osservazione di PSO J006.1240+39.2219.

Lo strumento impiegato per l’osservazione di PSO J006.1240+39.2219.

Dal momento che la sorgente ripresa emette esclusivamente nel vicino infrarosso, ci si è dovuti affidare alla residua sensibilità a quelle lunghezze d’onda della camera di ripresa installata sul telescopio utilizzato.

Dopo aver accuratamente calibrato e integrato i dati, l’immagine finale ottenuta ha dell’incredibile: le stelle più deboli registrate hanno una magnitudine stimata intorno alla 25.5, già di per sé un record per uno strumento del calibro di quello impiegato. Tra le sorgenti registrate, nella posizione attesa si nota, debole ma visibile, PSO J006.1240+39.2219.

Spettro di PSO J006.1240+39.2219 (Tang, J.J. et al., 2017) vs l’efficienza quantica del rivelatore impiegato.

Spettro di PSO J006.1240+39.2219 (Tang, J.J. et al., 2017) vs l’efficienza quantica del rivelatore impiegato.

“A nostra conoscenza, in assoluto mai un telescopio dal diametro inferiore ai 180 cm si era spinto così in profondità nello spazio e nel tempo”, afferma Gianluca Masi. “Un risultato che sarebbe stato giudicato impossibile prima di questa epocale impresa del Virtual Telescope Project e a cui contribuisce significativamente la qualità del sito osservativo, Manciano (GR), il più puro da inquinamento luminoso dell’Italia peninsulare”, conclude lo studioso.

La nostra immagine profonda, comparata alla Palomar Observatory Sky Survey II (magnitudine limite R=21): la differenza in profondità è notevole.

La nostra immagine profonda, comparata alla Palomar Observatory Sky Survey II (magnitudine limite R=21): la differenza in profondità è notevole.

Con ottima probabilità, mai nessun telescopio operante sul territorio nazionale si era spinto così lontano negli abissi dello spazio e del tempo.

La luce di questo oggetto celeste, caratterizzato da un redshift z=6.62, ha viaggiato per 12.9 miliardi di anni prima di arrivare a noi, partendo quando l’universo aveva solo 800 milioni di anni, contro i 13.7 miliardi di oggi. PSO J006.1240+39.2219 si trova così lontano nel tempo che, all’epoca, l’Universo viveva l’“Era della Reionizazione”, tra 150 milioni e un miliardo di anni dopo il Big Bang, dovuta all’energia irradiata dalle prime stelle e galassie formatesi in quel Cosmo primordiale.

Rappresentazione artistica di un quasar (credit: Nasa).

Rappresentazione artistica di un quasar (credit: Nasa).

I quasar rappresentano i nuclei luminosi di galassie lontane, il cui “motore” è un buco nero supermassiccio. Esso riceve continuamente materiale dallo spazio circostante che, in attesa di precipitare al suo interno, indugia in un disco di accrescimento molto caldo, che rilascia un’enorme quantità di energia, tanto da rendere i quasar tra gli oggetti più luminosi del cielo, visibili fino a distanze profondissime.

Il quasar PSO J006.1240+39.2219 ospita un buco nero supermassiccio in rapido accrescimento, il che suggerisce che si trovi nelle fasi iniziali della sua formazione, mentre esso appare 200 milioni di volte più massiccio del Sole, un valore 3-4 volte inferiore rispetto alle masse tipiche dei buchi neri nei quasar ad alto redshift e di luminosità paragonabile al nostro.

Un’osservazione così estrema sottolinea le straordinarie capacità e potenzialità del Virtual Telescope Project e del cielo puro del luogo dove esso è installato, Manciano, in provincia di Grosseto. Solo nell’ultimo anno, i suoi strumenti avevano consentito la scoperta di una probabile nova nella Galassia di Andromeda, di un nuovo candidato blazar in una delle regioni di cielo più battute in assoluto e l’osservazione da record di SDSS J114816.64+525150.3, prima di questo nuovo incredibile primato. Ciò si aggiunge allo straordinario contributo del Virtual Telescope Project alla diffusione della cultura scientifica, attraverso collaborazioni con i più importanti media del pianeta.

 

Il Virtual Telescope Project  

Fondato nel 2006, il Virtual Telescope Project è una struttura tecnologicamente molto avanzata, consistente in diversi telescopi robotici e attiva sia nel campo della ricerca che della comunicazione scientifica, con totale controllo da remoto attraverso qualsiasi dispositivo connesso ad Internet. Al giorno d’oggi esso gode di una straordinaria reputazione internazionale. Grazie alle sue sessioni osservative online, il Virtual Telescope Project ha potuto mostrare in diretta i più̀ straordinari fenomeni astronomici, come asteroidi che sfiorano la Terra, comete, supernovae, eclissi e piogge di meteore, a milioni di persone in tutto il mondo. I suoi eventi e contributi esclusivi vengono presentati dalle più̀ importanti agenzie spaziali e stampa del pianeta. In riconoscimento dei risultati conseguiti, sia in ambito scientifico che divulgativo, l’International Astronomical Union ha assegnato il nome “Virtelpro” all’asteroide (435127). Il Virtual Telescope Project è membro dell’International Asteroid Warning Network che, sotto gli auspici dell’ONU, lavora per ottimizzare le attività di difesa planetaria contro il rischio di impatto degli asteroidi.

Rassegna Stampa recente: https://www.virtualtelescope.eu/the-media-about-us/

 

Gianluca Masi, astrofisico, PhD

Gianluca Masi è nato a Frosinone. Laureato in Fisica, indirizzo astrofisico, presso l’Università “La Sapienza”, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Astronomia presso l’Università di “Tor Vergata”. Ha all’attivo la pubblicazione di circa 1000 contributi professionali, ha scoperto decine di asteroidi, numerose stelle variabili, è co-scopritore di tre pianeti extrasolari e del transiente ASASSN- 15lh, tra le supernovae più luminose mai individuate. Ha inoltre scoperto una probabile nova nella galassia di Andromeda e un nuovo candidato blazar. Nel 2006 ha fondato il progetto Virtual Telescope. Suoi contributi scientifici e fotografici appaiono regolarmente su Ansa, BBC, CNN, Newsweek, New York Times, RAI e altri prestigiosi media, radio e TV nazionali ed esteri. Ha tenuto numerosissime conferenze sia in Italia che all’estero. Si occupa attivamente del rapporto tra la scienza del cielo e il mondo dell’arte, dedicandosi intensamente anche alla fotografia. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, l’asteroide (21795) è stato denominato “Masi” dall’International Astronomical Union per i suoi meriti scientifici, ha vinto lo “Shoemaker NEO Grant” della Planetary Society, il “Premio Tacchini” della Società Astronomica Italiana e il “Premio Ruggieri” dell’Unione Astrofili Italiani. Coordinatore per l’Italia di Asteroid Day e Astronomers Without Borders, è membro dell’International Astronomical Union e della European Astronomical Society. È associato all’Istituto Nazionale di Astrofisica e Ambasciatore del progetto “Dark Skies for All”, dell’International Astronomical Union.

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